Cronaca semi seria di una gita in kayak

Peschiera – Sirmione 17 Febbraio 2019

 

Domenica “all’alba” i valorosi kayacchisti (si dirà poi così?) sfidando il gelo dell’inverno, partono alla volta di Peschiera sul Garda. Più che una gita di un’associazione sportiva, potrebbe essere un trasporto eccezionale con i kayak accomodati sui tetti delle macchine, cartelli di segnalazione ecc.

In men che non si dica, tra soste caffè, spuntino, strade sbagliate, scarico e preparativi, all’alba delle 10,45 finalmente siamo in acqua. Il tempo di percorrere il canale del Mincio, ammirare le mura difensive di Peschiera ed il lago si presenta in tutta la sua potenza.

Il nostro capogita, Paolo, dopo un “aspettate qui vado a vedere io” si lancia tra le onde e, tornato dopo circa trenta secondi, ci incoraggia con un “ragazzi è tutta così, chi se la sente bene altrimenti lo dica subito e ci aspetterà al bar”.

Ci guardiamo negli occhi e senza tentennare urliamo, “capitano, mio capitano, avanti”.

Ci lanciamo tra le onde, i kayak fanno un metro in avanti ed un metro in alto e poi uno in basso ma non molliamo. Fortunatamente quasi subito le onde calano d’intensità anche se pagaiare non è semplicissimo. Procediamo a fatica quando un fischio squarcia il silenzio. E’ il nostro capitano che ci chiede di fermarci perché un nostro soldato ha deciso di abbandonare l’impresa. Rifugiamo in un porticciolo per verificare lo stato dell’arte. Giampiero ha problemi con il kayak, lo incoraggiamo e si riparte, si manterrà in testa al gruppo per permettere a Paolo di controllare la situazione e coordinare un aiuto in caso di difficoltà.

Pian pianino il lago si placa e incominciamo ad immaginare di arrivare almeno al castello di Sirmione che ancora non si vede. Paolo cerca disperatamente di farci andare sotto costa mentre il gruppo invece cerca di fare la via più corta tagliando il golfo.  Il gruppo prende coraggio e qualcuno urla “ al castello, al castello”. E’ qui che Paolo, rendendosi conto che l’armata minaccia l’insurrezione, si lascia andare ad un “ma si, forse si, forse ma, ce la potremmo fare”.

E’ il via che il gruppo si attendeva, “sota coi fer”, ci mettiamo in formazione (si insomma si fa per dire) e con un ritmo da paura, ci avviciniamo al castello dove, alle 12,45 sbarchiamo accolti dagli sguardi incuriositi dei molti turisti in visita a Sirmione intenti a gustarsi la vista del lago.

Il nostro capitano ci riunisce per un briefing e ci avvisa “ragazzi un’oretta e poi si riparte, rifocillatevi, riposatevi, state leggeri, che poi iniziamo il ritorno”. Apriti cielo, cioè, aprite le borse. L’immancabile Vito apre i gavoni del suo kayak ed incomincia ad estrarre sacchi contenenti focaccioni con ricotta e mortadella e con la sua parlata pugliese-bergamasca distribuisce generi di conforto a tutta la folla, moltiplicando più volte i pani (con i pesci non gli viene bene) e nemmeno con il vino.

Eggià, il vino. Vito fa appena in tempo a tirare fuori la bottiglia, con la ciurma già pronta con i bicchieri in mano che Paolo, il nostro capogita, serio e pienamente nel suo ruolo ci gela: “no alcool nemmeno per sogno”.

Improvvisamente su Sirmione cala il gelo, gli uccelli volano bassi, i volti della ciurma si fanno grigi, tristi. Vito cerca di buttarla sul ridere, “ehhh PPaolo ecchesarrammai un goccettino di vino”. Paolo, pienamente professionale non gli risponde nemmeno, fa un solo cenno col capo. Qualcuno incomincia a tossire, dice che il focaccione è saporito ma non va proprio giù, non ci si riesce senza un goccio…. Niente, niente, niente. Mettiamo via l’idea, pardon le bottiglie. Si rinuncia di buon grado a questo ristoro sapendo che all’arrivo ci arriveremo in sicurezza e con la prospettiva di brindare come si conviene alla riuscita dell’impresa. L’alcool e la navigazione poco si combinano. Oltre allo stordimento e difficoltà digestive, molto dipendenti dal soggetto, la temporanea impressione riscaldamento viene seguita da una perdita di calore per via della vasodilatazione: con conseguente aumento di rischio ipotermia in caso di bagno.   

Intanto la ricerca di un caffè richiede il suo tempo così solo alle 14:45 riusciamo a riprendere il tragitto di rientro. La folla di turisti sembra essere aumentata, si sarà sparsa la voce di uno spiaggiamento di cetacei? Bambini che trascinano i genitori per osservare queste strane creature. Anche noi nelle nostre attrezzature facciamo bella figura.

Fortunatamente il lago, come cantava Edoardo Lionello  “è una tavola blu”  e ci lanciamo, rigorosamente lungo la rotta più breve verso Peschiera. Le braccia incominciano a farsi sentire, il gruppo si sgrana, quelli avanti ogni tanto fanno finta di guardare il paesaggio per aspettare noi un po’ più lenti. Paolo molto correttamente sta con gli ultimi e controlla che tutto si svolga come deciso all’inizio.

Il sole al tramonto, il lago e il Monte Baldo innevato, il silenzio rotto solo dallo sciacquio delle pagaie avvolge tutto e tutti. E’ bellissimo.

Finalmente si scorge il profilo della fortezza di Peschiera anche se in lontananza. Io (ma forse non solo io) penso “è fatta, sono stanco ma ormai è fatta”. 

Paolo, ci incoraggia e ci fa complimenti. La testa di punta dell’esercito si ferma, ci aspetta per la trionfante entrata in porto e per non farci mancare niente facciamo un bellissimo giro tra le mura della fortezza di Peschiera, incredibile opera di difesa veneziana del XVI-XVII secolo, patrimonio dell’Unesco.

Sarà per la poca luce tra le mura, per il sole ormai tramontato o per la stanchezza che, ad un certo punto qualcuno grida “una gondola!!!”. Una gondola???? Ommioddio abbiamo sbagliato strada.

Ebbene si, la gondola c’era, era vera e con tanto di gondoliere e turisti.

L’occasione è ghiotta e   qualcuno non se la fa scappare ed avvicinatosi al gondoliere gli chiede “Scusi, per Rialto, sempre dritti? 

Ormai siamo arrivati e la stanchezza fa anche un po’ sbandare, allora il nostro capo gita sbanda ancora più di noi tanto che si fa due eskimo, giusto per farci riscuotere. Sbarchiamo e Vito, che era rimasto taciturno e un po’ triste (si fa per dire ve lo immaginate voi Vito triste e silenzioso?) con un balzo sale sulla sponda, il kayak gocciola ancora ma è già una tavola imbandita con paninozzo, torta di mele di Letizia, bicchieri e, finalmente la bottiglia di vino. Sembra un pranzo di nozze, tutti sorridono ed anche Paolo, finalmente rilassato per il buon esito della gita che è scivolata in allegria e senza intoppi, si lascia andare ad un sorso di vino. Se non ci fosse stato il sottoscritto a “rompere” perché aveva una cena, saremmo ancora la a mangiare e bere.

E’ una responsabilità organizzare le gite e oggi sarà per tutti una giornata piena di insegnamenti e di miglioramenti possibili per i prossimi percorsi in kayak. La collaborazione e il coordinamento di gruppo sono indispensabili per delle escursioni piacevoli e sicure. 

Bella gita, bel gruppo, grazie a Raffaele e Dario ispiratori dell’impresa, grazie a Paolo che ha avuto il coraggio di proporla e di portarla a termine. 

 

Giorgio



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